LA NEWSLETTER DI MICHIL
Incö è un po’ come tornare a casa, dopo aver girato il mondo per vent’anni. Certo, parlare di viaggio, o di cammino, è come parlare un po’ della vita. Quella dentro e quella fuori di noi. Quella che si srotola giorno dopo giorno davanti ai nostri occhi e quella lassù, che ha a che fare con la volta celeste. Si viaggia, si vive. Francia e Giappone, la cucina e l’amore. Le tecniche, le schiume, la creatività che si fa protagonista fino a glassare ogni forma di semplicità. Si viaggia e poi si torna. Perché il viaggio, ogni tipo di viaggio, implica in sé il ritorno: a volte penso che si viaggi solo per il gusto di tornare. Il ritorno è la condizione che il viaggiatore s’impone per intraprendere il viaggio. Ma è anche vero che quando si torna, anche se i luoghi sono sempre gli stessi, a volte non sono lo sono poi del tutto. Dove è finita la nostra italianità, mi chiedo guardandomi intorno? Dove sono andati a finire quegli elementi che ci contraddistinguono e che fanno parte della nostra identità? È vero, oggi si fa un gran parlare di territorio, ma può bastare un po’ di gusto per la tradizione per sentirsi davvero a casa? Per me casa è avere un rapporto diretto con i piccoli produttori, conoscerli uno per uno, e decidere insieme a loro cosa servire in tavola. Per me tornare a casa è fare come faceva mia nonna, che alla mattina andava a fare la spesa al mercato e alla sera ci faceva sognare. Tornare a casa è dire che se questo è un burro di malga lo è per davvero. Perché non solo conosciamo chi lo produce, ma anche le mucche che danno il latte e i prati dove pascolano. Così vale per le carni, i pesci, le farine, le verdure, gli ortaggi. Con ogni piccolo produttore c’è un rapporto che è fatto non solo di conoscenza reciproca, ma di dialogo, di piccole complicità che si trasformano in storie di vita vissuta. E che vogliamo raccontare, a parole e nei piatti: oggi c’è la ricciola, che dici può andare? Eccome se può andare. E dalla mattina alla sera è tutto un gioco ad incastri, che va dagli antipasti fino al dessert passando per il piatto principale. Poi casa è anche la voglia di raccontare le favole, come quella di George che da architetto si fa contadino, o quella di Marlene, che da Vienna si trasferisce alle pendici della Val di Funes ad allevare oche. Tornare a casa è preparare la cena, come se al tavolo ci fossero gli amici, le persone care. Ogni sera. E se ci viene voglia di fare le focaccine calde o il tirami su, non ci tiriamo certo indietro. Tornare a casa è togliere gli orpelli, vale a dire i tecnicismi esasperati, e badare alla sostanza. Con dolcezza e la voglia di scambiare due chiacchiere sul cibo, sul vino, sui luoghi. Poesia e geografia. E poi sentirsi a casa è anche tirare fuori le stoviglie che Stefan è andato a pescare nei mercatini di antiquariato. Tornare a casa è liberarsi delle pastoie del servizio gourmet, per servire in tavola quel concetto di condivisione che è alla base della convivialità. Tutto questo è Incö, il tavolo speciale della nostra weinstube che fa sentire l’ospite come se fosse a casa. Una casa di legno, contornata da bottiglie preziose, in cui si respira l’aria delle Dolomiti. Simone Cantafio
Simone Cantafio