LA NEWSLETTER DI MICHIL
Siamo incoerenti, tutti un po': lo sappiamo e, se dopo averlo riconosciuto facciamo poco, è perché — cacofonicamente e cafonamente — siamo, appunto, incoerenti. Coerenza, etimologicamente, significa "essere attaccati", aderire con tutte le fibre a ciò che proclamiamo; peccato che noi siamo ormai anime digitali, facili al copia-e-incolla e al cancella-e-cestina, spesso più alla ricerca di like che di un sé profondo e coerente.
A maggio 2025 sono stato invitato a una conferenza dai titoli altisonanti e dal severissimo contenuto. Occasione giusta, autorità in prima fila: il Presidente di regione arriva un minuto prima, ci regala il suo tempo e racconta agli astanti due banalità a punto e croce. Si siede accanto a me, mi porge un cenno del capo e, incoerentemente, aspetta i miei complimenti. Incoerente agli ambiti ufficiali, non glieli porgo. Salito sul palco, parlo: il presidente, rapito dal telefono, dopo due minuti scompare. Paradosso sublime: quello che dico lo so già; quello che potrei imparare si perde fra le notifiche che ci assorbono attenzione, intelligenza e cura.
Pochi giorni dopo, Zelensky alla Camera: Tusk e von der Leyen scolpiti come statue nell'ascolto; la nostra sorella presidente, amica e collega del presidentissimo a stelle e strisce, è inchiodata allo smartphone, forse impegnata a salvare il pianeta via emoticon o meme. L'educazione istituzionale è ormai evaporata come cibo nel microonde del 5G.
E così mi arrovello su un rosario di cose che non capisco: conto i grani di questa Ave Maria molto profana. Perché, nei luoghi pubblici, i bagni sono divisi in parti uguali — due stalli a destra, due stalli a sinistra — quando i nostri cronometri biologici non lo sono? Se le signore hanno bisogno di più tempo, perché lo stesso numero di bagni? Perché negli autogrill, sotto incoerenti gigantografie di foglie verdi, carta e plastica finiscono nello stesso buco nero? Perché in hotel mi dicono «Appendete l'asciugamano, salvate il pianeta» e poi me lo cambiano comunque, forse per non farmi sentire povero?
Anche a casa nostra cerchiamo coerenza e agiamo incoerentemente. Abbiamo molti mea culpa da recitare alla fine di questo rosario. Perché i camerieri di mezzo mondo non alzano lo sguardo per intercettare un cenno e, incoerentemente, cercano di evitare il contatto? Perché i televisori in camera sono progettati da un cultore dell'enigmistica, tre telecomandi per nulla? Forse lo fanno per scoraggiarne l'uso, sostituendo la vecchia nemica TV con forme più moderne di intorpidimento cerebrale.
Che tristezza aprire il frigobar, in belle camere d'albergo. Se cerchiamo la bellezza, perché trovare un tè alla pesca, sciapo, scialbo e sciatto (le tre "sci" più gravi) invece di una teiera e delle foglie di tè Darjeeling? Poi magari ti decidi a ordinarlo e arriva un tè ai frutti di bosco. E che storie racconteremmo invece, se la sera, ordinando un Darjeeling, oltre al buon tè arrivasse anche un invito a vedere il film "Il treno per il Darjeeling" di Wes Anderson? Sarebbe un'"experience" coerente ai racconti che facciamo nelle newsletter. Poi mi sveglio da questi sogni e alla richiesta di Sencha ci portano un ice tea che non sa né di etica né di Asia, ma di zucchero e di chimica. Quindi incoerenza in bustina, non in foglia.
Altri misteri — poco gaudiosi — del mio rosario profano: perché i cuochi preferiscono l'effetto speciale a un pomodoro decente? Perché, nelle nostre case, durante il veg-day, se un ospite chiede del prosciutto siamo pronti a offrirglielo? Certo non posso dirgli di no, del resto non possiamo imporre, ma certamente possiamo spiegare perché non metteremo, il venerdì, il prosciutto sul buffet. Magari lui incoerentemente lo mangerà lo stesso, ma coerentemente avremmo cercato di educare.
In fondo, non sarebbe più coerente evitare l'incoerenza? E perché le due ore di silenzio quotidiane che avevo sognato per le nostre quattro case vengono ignorate come i termini di servizio che nessuno legge? È troppo faticoso essere coerenti?
Mi fermo qui: brontolare senza proporre è sport olimpico nazional-tricolore. E allora cercherò di essere coerente e di condividere coerenza: spegnerò il telefono quando qualcuno parlerà; differenzierò sul serio, non perché è bello essere verdi a parole; chiederò il tè corretto e spiegherò al barista quanto sia buono un tè di foglie; custodirò davvero il silenzio che pretendiamo. L'incoerenza non sarà una crepa, ma un invito a migliorare insieme.
Essere coerenti non vuol dire dogmatismo a tutti i costi: è far combaciare parole e azioni con una ferma severità verso i nostri inciampi. Le crepe lasciano filtrare un poco di luce; sta a noi decidere se tapparle con slogan preconfezionati o coltivarvi un germoglio di educazione. Meno notifiche e più occhi e orecchie sul prossimo vicino; meno proclami e meno carne; meno ice tea pesca, più tè vero. E, se tutto questo suona caustico, ricordo che la dolcezza, per funzionare, ha bisogno di un filo d'acidità da limoni buoni.
.m