GIOCHI OLIMPICI INVERNALI

Milano – Cortina, fin che la barca va

Non vogliamo guardare al futuro del pianeta, perché il presente è tuttora fonte di speculazioni che ci rendono sempre più ricchi oggi e decisamente più poveri domani

Riusciremo a contenere lo scioglimento delle calotte polari? Riusciremo a far sì che le bianche spiagge degli atolli nei mari con le loro palme simbolo di unione tra terreno e divino e tra uomo e donna non vengano inghiottite dalle onde? Riusciremo a invertire la rotta evitando che India e Pakistan siano sempre più trafitte da colpi di calore? Faremo in modo che gli obiettivi comuni e necessari contro il consumo del suolo divengano oggi più che mai un’assoluta priorità? Stiamo tergiversando, indaffarati in guerre inutili e devastanti, in balia dell’unico ritornello, di oriettana memoria, che capitalismo e mercato libero conoscano: finché la barca va, lasciala andare. Alla deriva, alla catastrofe. Così continuiamo a fare quello che oggi dovremmo smettere di fare: agire come se nulla fosse, negando l’evidenza. Ma di fronte a questa miopia voglio, e vorrei che così facessero le persone più giovani di me, non rimanere passivo e riservarmi un briciolo di speranza con la tipica flessibilità della mente umana che quando è messa alle corde sa dare spazio a nuove idee. A migliorie dei processi in atto con il coraggio necessario che la situazione attuale richiede. La speranza è una sola: che la transizione ecologica non si tramuti in una transizione energetica andando così a vanificare l’importanza, fondamentale, di un cambiamento nello stile di vita, in direzione moderazione. Già, moderazione, che significa anche capacità di rinunciare a qualcosa. Anche minima. Se ne parlava ancora poco tempo fa. Tutti più verdi, più belli, più attenti alle sorti del mondo nella sua interezza. Parole vane. Parole vuote. Non ho paura di quel che sarà, non ho timore delle incertezze, delle solite speculazioni spacciate per progresso e benefici per la comunità. Sappiamo tutti che sono frottole. E ci piace comunque raccontarcele. Ah, come ci piace. Ebbene, sono solo un po’ triste. Le Olimpiadi del 2026 sono perfettamente in antagonismo rispetto a uno sviluppo di sostenibilità ambientale, sociale e anche economica. Le Olimpiadi Milano-Cortina sono l’ennesimo, pessimo esempio di una politica cieca e di un’imprenditoria che, rapidamente, prima che si avveri la catastrofe, vuole ancora riempirsi di pecunia e desideri ormai inattuali, fuori tempo massimo, in controtendenza con quel che dovrebbe essere lo zeitgeist, lo spirito del tempo.

Ma sono convinto che ci sia altro, e questo altro lo vedo nei giovani, nei collaboratori che portano avanti le Case, nelle idee e nel confronto quotidiano, nella capacità di individuare strategie alternative, creative, svincolate dal solito tran tran consumistico. Qualcos’altro che sappia di nuovo connettere gli esseri umani con i misteri della vita, con la Natura e con il Cosmo. Qualcos’altro che abbia a che fare con l’amore e con la poesia, con il tempo e il passare delle stagioni. Come scrive Orazio Dell’inverno il rigore cade: è l’amabile / Risuscitare di Primavera / Coi suoi zefiri blandi. Sì, ci sarà sempre una Primavera, nonostante le prossime, inutili, Olimpiadi invernali.