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Pregi e difetti della danza dell’ospitalità

In CasaCosta1956, il sito che dà voce alle nostre Case sparse tra le Dolomiti e la Val d’Orcia, abbiamo proposto una campagna dal titolo ‘La danza dell’ospitalità’. Anche se mostriamo collaboratori che danzano nelle cucine, nei bar, fra le stanze e nei corridoi, sappiamo bene che non tutti i passi possono essere perfetti.

Se da un lato c'è un barman che miscela elegantemente, alle sue spalle possono elevarsi delle voci alte che parlano di cose alle quali l’ospite non può o non vuole essere partecipe. Se nei saloni della nostra Casa a Bagno Vignoni c’è musica classica e un giradischi con musica scelta dagli ospiti, fuori gli schiamazzi e la musica bum bum del Barrino disturbano la quiete, cosa che avviene puntualmente a L’Murin di fronte a Casa Perla. E già, non possiamo certo aspirare al Nobel del silenzio, al punto che anche Giuseppe, il nostro amico pipistrello, piroetta pure lui visibilmente disturbato da cotanto inquinamento acustico. Ecco, questi siamo noi nel danzare il ballo dell’ospitalità: a volte imperfetti e consci delle nostre innumerevoli mancanze.

Ma ancora peggio è quando all’ospite viene promesso quel che poi in realtà non trova. È terribile arrivare in un posto che ci sembra immerso nella natura mentre una rumorosa statale passa a pochi metri. Oh certo, con i social e i commenti degli utenti queste imperfezioni, eufemismo, sono facilmente individuabili. Troppe volte però non si riesce ad avere una visione globale del posto che dovrebbe accoglierci. Noi ci riteniamo fortunati, che possiamo ospitare in posti belli dalle Dolomiti alla Val d’Orcia. Però sappiamo che la bellezza costa fatica, energia, denaro. E sappiamo benissimo che l’amata bellezza è troppo spesso deturpata da uomini senza coscienza, svenduta al miglior offerente, commercializzata per due euro. Non fa eccezione il Sudtirol/Alto Adige, terra di gente operosa che non sempre è rappresentata politicamente da nobili facce. Anche da noi la politica segue le opinioni di chi porta voti, ed avere il coraggio di decidere ad esempio, senza troppe eccezioni, di un tetto massimo di letti sembra sia cosa estremamente complicata. E anche da noi ci sono assessori che fanno i furbetti a vantaggio dei propri familiari con i soldi pubblici. Anche da noi si promuovono le giornate della sostenibilità vendute in pompa magna con il risultato ultimo di comunicare bene ma di essere assai meno bravi di quel che poi si fa. Certo, sono storie di ordinaria amministrazione e si sa che i panni sporchi si lavano in famiglia. Ma non vogliamo tediarvi cari ospiti con le sciocchezzuole che combinano gli amministratori che abbiamo eletto e che stipendiamo. Parliamo piuttosto di noi, di noi in quanto famiglia. Di noi che alberghiamo insieme ai nostri splendidi collaboratori. Cosi bravi, che qualcosina la si può loro perdonare. Così come loro devono perdonare la nostra non sempre buona gestione. Parliamo di verdure ad esempio. No, non del brano Call any vegetables di Frank Zappa, ma delle nostre amate verdure. Più precisamente quelle che serviamo nei nostri buffet. Inutile ripetere che vogliamo bene ai nostri cuochi, li stimiamo tutti tantissimo, fanno un lavoro straordinario, e chi conosce il mondo della cucina -per favore non chiamiamola brigata- sa che sono davvero persone molto speciali. Ma, da albergatori che ci tengono a fare un lavoro ben fatto, dobbiamo avvisarvi. In Casa Perla c’è un bel buffet con tante verdure fresche, l’olio scelto e selezionato, e non serviamo certo l’aceto balsamico industriale. Però a volte accade che, avvicinandosi al buffet, si possano sentire le voci di chi lavora in cucina che sovrastano tutto e tutti chiamando i piatti al pass, a volte con tanto di invocazione a qualche santo. Ci abbiamo provato in tutti i modi a silenziarle, ma non ci siamo riusciti e la responsabilità non è certo solo di chi governa la cucina. E allora, invece di tapparci le orecchie, andiamo cari ospiti, entriamo in cucina per esaudire un desiderio che coltiviamo da sempre: far sì che tra collaboratori e ospiti ci sia una maggiore coesione, che i collaboratori si siedano al bar e che gli ospiti girino per gli uffici a vedere i progetti della fondazione. Solo così è possibile che alle grida in cucina si contrapponga un raggio di sole.

Al buffet del Posta invece la cucina è parecchio distante e perciò non si sente, ma ciononostante non riusciamo a farlo diventare attrattivo. Certo, la cucina è buona e il nostro chef, un ragazzo d’oro, nasce carnivoro e a un cavolfiore preferisce una costata. Certo, è vecchiotta la Spa del Perla, mentre al Ladinia manca proprio e in Toscana abbiamo del lavoro da fare. Lo so, siamo ipercritici, ma per migliorare non possiamo fare altrimenti. Infine, predichiamo tanto di ecologia ma ecologici non lo siamo abbastanza, tantomeno autonomi. Le Case hanno tutte una certa età e il consumo di energia è gigante.

Va bene. Siamo albergatori. Alberghiamo. Diamo ospitalità. Per tale ragione non possiamo esimerci dal porre una domanda a noi stessi: siamo bravi? Cari ospiti, a questo solo voi potete dare una risposta venendoci a trovare, indicandoci la strada da percorrere, comunicando con noi il più francamente possibile. Noi vi ricompenseremo con la nostra sincerità e l’autenticità del nostro sorriso. E la danza della buona ospitalità risuonerà ovunque.